adrianomaini

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Ho amato le donne da sempre. Del resto le donne da sempre mi hanno cresciuto, la mamma, sua madre, la nonna, sua sorella, mia sorella maggiore, hanno creato quel guscio morbido che mi proteggeva, impenetrabile dalle ruvidezze di papa’. Così, ogni uomo che approcciavo usava mezzi cortesi per entrare nella mia mente, mio padre, il nonno Ugo, lo zio Luchin, lo zio Eugenio, il cugino Enzo, il cugino Gian Carlo, ognuno di loro a modo suo innamorato delle mie donne e quindi avviluppato nelle trame gentili della femminilità. Ho conosciuto, di quel gineceo, ogni sfaccettatura, la calma sorridente di mamma, la confortevole accoglienza matronale di sua madre, la spigolosa ostinazione della nonna, l’alacrità tutta ligure di sua sorella, la spavalda irrequietezza della mia.
E quindi nel mio universo al femminile, ogni successivo avvicinamento alla mia futura condizione di maschio eterosessuale e’ arrivato per osmosi, senza iniziazioni ostentatamente virili,permettendomi di amare le donne come imprescindibili elementi della mia esistenza. Se e’ capitato che alzassi di qualche ottava la voce con una compagna mai e’ avvenuto per prevaricare, semmai per riuscire a competere con la sua autorevolezza durante una discussione. Non riesco neppure a immaginare di alzare la mano su una femmina o di desiderarne in qualche modo il male, quando e’ finito l’amore ho accettato che accadesse senza drammi, anche davanti a provocazioni palesi. E’ che delle donne sono curioso, della loro bellezza, della loro mente e anche della loro inscalfibile spietatezza, irrimediabilmente e per sempre. Paolo Kahnemann, Sanremo, 25 novembre 2024

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Il marciatore... marciava (adrianobrunoalbertomaini.blogspot.com)
 

In Via Arene a Ventimiglia una nonna canticchiava al nipotino qualche strofa di una canzone abbastanza recente, lanciata da Nilla Pizi, "Papaveri e papere", insistendo con particolare accentuazione sulla "parola "piccolino": al che il bimbo - del resto, già allora di discreta statura - stizzito, pestando i piedi per terra, reagiva, non essendo ancora dotato di senso dell'umorismo, ancora meno di quello dell'autoironia, opponendosi a suo modo a quella scherzosa ed affettuosa allusione.

In un appartamento situato non lungi dalla Bigarella di Bordighera, non appena si diffuse dalla radio quella ballata in quella lingua inglese che non capivano, zia e nipote, distogliendosi all'unisono dalle rispettive occupazioni, ammiccando l'un l'altra, ridendo, si affibbiarono ripetutamente il titolo di quella composizione, "Bernardine", del resto reiterato in diversi passaggi, come se fosse un buffo, ma amichevole nomignolo da attribuirsi reciprocamente. Il più giovane dei due qualche anno dopo divenne, per ironia della sorte, un discreto ammiratore del cantante di quella melodia, un certo Pat Boone. Doveva essere il 1958, quando un po' dappertutto si canticchiava o si fischiettava "Nel blu dipinto di blu", quasi un'attesa di sentire urlare in tanti angoli "Mi sono innamorato di Marina" di Rocco Granata, che come vinile doveva ancora essere stampato: due veri tormentoni dell'epoca. Sempre in quella stagione, ma in regione Cabane di Bordighera, due scolari in vacanza si riposavano, dopo tanti giochi, in casa di uno dei due, anche ascoltando dischi a 75 giri con le famose etichette con il disegno del cane intento a sentire il suono di un grammofono, ma era un ripiego di cui oggi non ricordano più nulla, assorbiti come furono allora da piccoli lavori agricoli, da bagni fatti all'insaputa dei grandi (non sapevano ancora nuotare!) nella grande vasca di raccolta dell'acqua piovana di quella campagna, dalla lettura di fumetti che si intitolavano ancora "Nembo Kid" e da altre amenità del genere.

A marzo 1959 gli alunni delle elementari (di diversi plessi, anche se in maggioranza della sede di Via Vittorio Veneto) selezionati per partecipare alla tappa di Ventimiglia di Radio Squadra alla fine della trasmissione cantarono in coro almeno la parte iniziale della "Leggenda Ventimigliese", "Gh’eira ina vota ina figlia d’in Re / che mai a nu’ l’ava riüu ni’ cantau...", ma ancora oggi nessuno ricorda se si fossero mai fatte delle prove collettive per quel cimento.

Verso la fine del 1963 un ragazzotto comunicò entusiasta in Nervia di Ventimiglia a qualche suo coetaneo la sua scoperta di avere sentito per radio (sempre questo benedetto apparecchio!) in un programma inglese certi sconosciuti "The Beatles" dei quali andava esaltando la bravura. Tra gli ascoltatori c'era chi si era lì per lì dimenticato di avere ascoltato qualche mese prima in casa di un amico tedesco, appena arrivato dalla Germania, il disco di Tony Sheridan accompagnato dai Beatles (ma forse The Beat Brothers) contenente "My Bonnie" e "Ya Ya": brutti scherzi della memoria, ma mai come quelli giocati al figlio delle terre teutoniche perché ancora qualche tempo fa non sapeva di essere detentore di quel pezzo forse più unico che raro.

 

Alla svolta anni '60 guardava in tribuna, nel vecchio campo di Piazza d'Armi a Camporosso, una partita - di calcio, Serie Dilettanti - in casa della Ventimigliese un signore ormai anziano, alto, robusto e dalla voce tonante, che ben avevo conosciuto per amicizie di famiglia. Gli si avvicinò un autista in livrea che gli disse che il suo titolare, assiso in autovettura, avrebbe desiderato parlargli: al che l'omone rispose che prima avrebbe guardato finire la gara. Fu grande il suo stupore di ritrovare infine ad attenderlo pazientemente l'ufficiale, al quale aveva salvato la vita durante la Grande Guerra, ancor di più nel riscontrare che era ormai un famoso magnate italiano dell'industria. E quell'avvistamento a distanza forse sarà stato possibile per via di quel vecchio muro basso, solo sormontato da un'alta rete per trattenere le pallonate...

 

Una luna color rame, appena fatto capolino, sembrava contemplare la Chiesa di Terrasanta di Bordighera. Non era molto illuminato il Lungomare Argentina e poche erano anche le luci in mare, quelle di pescherecci quasi dispersi in tanta vastità di acqua, ma per alcuni brevi attimi sopra una di quelle piccole imbarcazioni il fulgore di un aereo in avvicinamento sembrava disegnare un tassello di una di quelle mappe che tanto intrigano gli astronomi. Più a ponente i bagliori della Costa Azzurra non impedivano di cogliere i raggi dei fari, lanterne dimenticate che in quest'epoca di travolgente tecnologia non fanno più appassionare turisti ed abitanti di questi luoghi, nè tantomeno li sollecitano a tentare di individuarne l'esatta ubicazione. In quella stessa direzione occidentale la Passeggiata di notte rifulge quasi a giorno. Avvicinandosi la mezzanotte Selene, ora quasi nivea nuvola, apparendo più a sud, pennellava di riflesso il Tirreno, ridestando ricordi di descrizioni manzoniane del Lago di Como. Non è ancora, tuttavia, questo il periodo di splendidi tramonti né di magiche visioni della mitica Corsica sulla linea dell'orizzonte.

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